La città irreale
Il destino di Benevento sembra essere segnato: un ammasso di quartieri residenziali, una periferia che si allarga sempre, uno spazio urbano e una società civile in decadimento, non lascia scampo a prospettive alternative. Un conto è la distruzione accidentale di un paesaggio per cause naturali o per ragioni economiche, altro è la sua irreversibile trasformazione in qualcosa di artificiale, corredato da qualche frastuono e poco più.
C’è ancora qualcosa da salvare in città? Sembra che la virtualità abbia preso il sopravvento, ogni possibilità simbolica è preclusa, si spera solo nell’apporto esterno, in qualche fabbrica che arriva e piazza i suoi arnesi e un po’ di lavoro precario. Il problema non si risolve così, quando è interno al corpo della comunità e si finisce per rimpiangere un recente passato che già conteneva il germe del declino.
Siamo costantemente annoiati da dibattiti superflui sulla città che si svuota, sui giovani che vanno via, quando ad andarsene sono persone di tutte le età, dispiace dirlo ma è la verità: chi può scappa, senza rimpianti e nostalgie e chi resta combatte o cede all’accomodante rassegnazione collettiva.
Il bisogno caratterizzante l’atteggiamento comunitario è quello di riconoscersi in archetipi, tradizioni, continuità che formino un orizzonte di senso che non si sgancia dal desiderio di appartenenza a un luogo, di radicamento in una terra elettiva, di ricerca continua di qualcosa che vada oltre il consumo quotidiano di un ambiente urbano.
Alla fisionomia di un luogo e di una città concorrono le segnature del passato, dal modo di abitare, ai tipi di colture, ai tracciati stradali, fino a ciò che chiamiamo monumenti e le tracce architettoniche e topografiche più antiche. È un palinsesto complesso, un diagramma di senso. È quanto ci permette di “sentirci a casa”, di riconoscerci nell’appartenenza a un ben preciso orizzonte, che non si riduce ai una fruizione turistica.
Nella configurazione paesaggistica di un territorio è depositato quel patrimonio d’identità, cultura e memoria che solo rende possibile il senso d’appartenenza e la proiezione verso il futuro di una comunità: conservare i tratti identificanti dei propri territori non vuol dire, impigliarsi nei vincoli o nella tutela esagerata del vecchio, significa operare affinché si possa continuare una cultura, una forma d’identità nelle sue interne articolazioni.
Esiste ancora un’identità dei nostri luoghi, esiste una singolarità da preservare e da utilizzare come base per una rinascita di Benevento? Domande che non trovano risposta.
V.B.