Cinquecento anni fa a Venezia, il tipografo Aldo Manuzio rinnova fortemente la concezione del libro. Con lui è sorto il mestiere dell’editore inteso come diffusore di cultura e non più semplice stampatore, le sue innovazioni sono alla base del libro-oggetto così come lo conosciamo.
Aldo nasce nel 1450 a Bassiano, un piccolo borgo del Ducato di Sermoneta, a sudest di Roma. Studia nelle capitale papale e negli anni compresi tra il 1467 e il 1475 frequenta i circoli vicini al cardinale Bessarione, un intellettuale greco fuggito da Costantinopoli dopo la conquista turca (1453).
A Bessarione si deve un dono inestimabile: il lascito alla Repubblica di Venezia dei manoscritti ellenici che costituirono il nucleo su cui sarà fondata la biblioteca Marciana, l’unica istituzione della Serenissima ancora attiva. In quel periodo Manuzio impara il greco e poi lo perfeziona a Ferrara, nel 1480 si trasferisce a Carpi a fare l’educatore presso una famiglia aristocratica. Tra il 1489 e il 1490, va a vivere a Venezia ma non sappiamo il motivo del trasferimento e nemmeno perché abbia deciso di mettersi a fare lo stampatore. Il primo libro che pubblica è la sua grammatica greca, che fa stampare presso l’officina di Andrea Torresani che diventerà suo suocero quando sposerà la figlia.
La prima officina editoriale di Manuzio è nella zona dei Frari, il suo progetto è definito: stampare i classici in latino e greco, pubblicare Dante e Petrarca nelle revisioni di Pietro Bembo e stampare libri in lingua volgare per consentire a un pubblico più di leggere senza necessariamente conoscere una lingua dotta. Il libro deve diventare un oggetto popolare e per questo decide di ridurre le dimensioni dei volumi. Prima di lui, i libri erano dei tomi grandi, pesanti, costosi e si consultavano appoggiati a un leggio per questo motivo, nel 1501 Manuzio stampa il primo tascabile. Quel formato “portatile”, costa pochi denari, se lo possono permettere studenti, artigiani, mercanti ed è semplice da trasportare. Il libro comincia a essere letto in molti luoghi prima inaccessibili, diventa svago e non più soltanto strumento di lavoro e istruzione.
LE INNOVAZIONI GRAFICHE
Manuzio è il primo a numerare le pagine da entrambi i lati (in precedenza una parte sola), inventa tutti quegli elementi che oggi ci sembrano scontati: frontespizio, note, indici. Importa dal greco la virgola uncinata, l’accento, l’apostrofo e il punto e virgola: prima di lui questi segni non si utilizzavano nel volgare. Soprattutto, apporta una grande innovazione per quanto riguarda i font, con la creazione del carattere corsivo per imitare una scrittura più facile da leggere e più gradevole alla vista. Un carattere compatto che occupa meno spazio e consente di risparmiare carta.
Nell’Europa latina si stampa utilizzando il tondo. Aldo Manuzio usa il Bembo un carattere elegantissimo che prende il nome dell’umanista veneziano Pietro Bembo.
Manuzio è un raffinato intellettuale e un pratico imprenditore molto attento all’uso del denaro; quando fonda l’accademia Aldina, dove si parla in greco antico, crea un cenacolo intellettuale ma allo stesso tempo, lì può reclutare compositori e correttori di bozze in greco a basso costo. L’incisore dei caratteri corsivi è un abile orafo bolognese, Francesco Griffo che purtroppo anni dopo, finirà in carcere per omicidio.
UN LIBRO MERAVIGLIOSO
“Il libro più glorioso del Rinascimento, ampiamente illustrato e meravigliosamente ornato, che fino ai giorni nostri resta misterioso, un testo irto di simboli che utilizza un gergo bizzarro di varie lingue e dialetti”.
Queste parole di Helen Barolini, studiosa americana di bibliografia, si riferiscono al libro più bello, famoso e forse più costoso dell’epoca, pubblicato da Aldo Manuzio nel 1499, intitolato Hypenorotomachia poliphili, noto anche come Polìfilo, (amoroso combattimento onirico di Polifilo). Si tratta di un viaggio iniziatico che ha per tema centrale la ricerca della donna amata, metafora di una trasformazione interiore alla ricerca dell’amore platonico.
Il libro è illustrato con 172 splendide xilografie, realizzate da un artista ignoto che mostrano le scene, gli elementi architettonici e i personaggi che Polìfilo incontra nei suoi sogni. Le illustrazioni sono forse la parte migliore del libro, con uno stile grafico in perfetta armonia con il carattere tipografico utilizzato.
Lo psicoanalista Carl Gustav Jung ammirava il libro, ritenendo che le immagini oniriche preannunciassero la sua teoria degli archetipi. Il testo è stato scritto trent’anni prima, in un misto di italiano, veneziano, ebraico e arabo, da un frate domenicano trevigiano di nome Francesco Colonna. Non tutti gli studiosi concordano sull’identificazione, altri ritengono che vada associato all’omonimo principe romano che visse a Venezia in quel periodo.
Il Polìfilo vale nella storia dell’editoria, come la Cappella Sistina conta nella storia della pittura. Nei vent’anni di attività come editore, Aldo Manuzio ha pubblicato centrotrenta edizioni in greco, latino e volgare. Dopo la morte, nel febbraio 1515 la sua produzione contraddistinta dal marchio di un delfino avvolto intorno al fuso di un’ancora, venne continuata dagli eredi fino alla fine del secolo.
Felice Presta