Lungasabato Matarazzo: il menefreghismo di un’amministrazione
Un dato caratterizza questa città: l’immobilismo apparente che si sviluppa dentro un contesto “gattopardesco” dove tutto cambia affinché nulla cambi. Non è una semplice opinione, ci sono fatti che lo confermano.
Un esempio è rappresentato dal caso del crollo dell’argine sul Lungosabato Matarazzo. Sono passati cinque mesi e i danni sono ancora lì, in bella mostra, ennesimo oltraggio di un paesaggio urbano dove non mancano brutture. L’amministrazione non è intervenuta, sembra fregarsene: sindaco, assessore ai lavori pubblici e poi nella cagnara delle dichiarazioni rassicuranti si sono aggiunte quelle del sottosegretario Del Basso De Caro, troppo impegnato a distribuire incarichi agli amici.
La strada è chiusa, c’è il rischio di ulteriori cedimenti strutturali da non sottovalutare, eppure all’indomani del crollo, le dichiarazioni di questi “attori”, perché solo così possiamo definirli, di “tragicommedia”, erano improntati alla risoluzione immediata di un grave problema. Ma si vede che il copione scritto, non è stato approvato dal regista, lasciando le cose cosi come stanno.
Il comitato di quartiere del Rione Libertà solo dopo cinque mesi ha iniziato a protestare per la situazione chiedendo conto all’amministrazione di questa situazione e dei numerosi cantieri, molti dei quali non completati, sparsi in tutto il quartiere. Il Rione Libertà è solo un grande serbatoio di voti e le persone dovrebbero interrogarsi quando si recano al seggio elettorale. Le tante promesse, sempre disattese, nascondono sempre secondi fini e la situazione, nell’ultimo periodo sta notevolmente peggiorando.
Siamo governati da un’amministrazione tremenda, capace solo di portare disordine e “incasinare” una città intera. Cantieri aperti ovunque, sensi di marcia modificati a seconda delle esigenze personali di qualcuno (si veda via Annunziata) e soprattutto, la vergogna più grave: l’enorme voragine dei debiti che gravano sul Comune di Benevento dovuta a una gestione finanziaria scellerata. Dieci anni di disastri, una girandola di assessori e la sensazione che qualcosa se ne sia andata da questa città, l’ultima che ci restava: la dignità.
Felice Presta