A Calvi Risorta si scoprono tonnellate di veleni sotto terra
Pochi ettari di terra che ancora una volta, riescono a descrivere bene oltre quarant’anni di malcostume ambientale. Oggi ci ritroviamo in un paese del casertano, Calvi Risorta, che si è svegliato una mattina e si è riscoperto avere la discarica abusiva più grande d’Europa. Parliamo di 25 ettari di terreno già posti sotto sequestro dalla magistratura, ma che potrebbero arrivare a 37 e oltre, cioè l’intera zona industriale delineata dalle due linee ferrate, quella della vecchia ferrovia e quella della nuova della T.A.V., non distante dal rio Lanzi, un corso d’acqua ridotto a un piccolo rivolo a furia di modifiche.
I primi scavi stanno riportando alla luce fusti con la dicitura “Pozzi vernici” presumibilmente riconducibili alla lavorazione dello stabilimento adiacente, che è per l’appunto quello della Pozzi Vernici, struttura abbandonata e in disuso da oltre dieci anni e che ancora oggi, spande un odore di vernice dalle mura fatiscenti. Inoltre, sono emersi fusti con coloranti di varia natura, sacchi di plastica contenente principi attivi come lo “stirene” usato dalle industrie plastiche e “hostalen” utilizzato nell’industrie farmaceutica. Ovviamente da questo primo contatto non è possibile datare con precisione gli sversamenti né tantomeno numerare ed enumerare le ditte coinvolte che a prima vista sembrerebbero non essere tutte riconducibili alle stesse lavorazioni.
Entrando nella zona industriale si può notare lo stato di abbandono in cui versa l’intera area. Continuando sulla strada principale, che altro non è che una strada sterrata, notiamo gli scavi portati avanti dai militari con la supervisione della Guardia Forestale. A destra della strada le ruspe stanno riportando alla luce il classico interramento a biscotto, tombamento di strati di rifiuti intervallati da strati di terra, mentre a sinistra lo scenario è diverso: lo scavo delle ruspe evidenzia un terreno compatto, a volte fangoso, di colorazioni diverse dove si passa dal grigio al blu al porpora senza fine di continuità. In pratica: nulla di nuovo. Un semplice scenario che già altre volte abbiamo riscontrato li dove si sono effettuati scavi che hanno riportato alla luce rifiuti ormai dimenticati.
Un plauso va al Corpo Forestale dello Stato che ha scoperchiato questo nascondiglio di veleni. È possibile che nessuno nel corso degli ultimi decenni abbia visto il continuato interramento di materiali della più disparata provenienza? Nessuno ha notato il via vai di camion che, inevitabilmente, avrebbero dovuto destare, se non interesse, almeno curiosità nella popolazione, ma ancor di più nelle forze dell’ordine addette alla sorveglianza delle strade? Nessuna di loro è mai incappata in un mezzo che trasportava tali elementi?
Inoltre l’A.R.P.A. Campania non ha mai effettuato un monitoraggio della zona con analisi particolareggiate del suolo, ma soprattutto delle acque del rio Lanzi o dei pozzi adiacenti l’area in questione negli ultimi 30 anni? Per un lavoro a prima vista titanico quanti uomini sono coinvolti in questo intervento e chi sono?
Sono appena tre uomini del Corpo Forestale dello Stato che, dietro segnalazione, sono intervenuti con i primi sopralluoghi. Dopo la loro denuncia la magistratura ha mandato l’esercito con appena due unità che hanno proceduto allo scavo.
A loro si è aggiunto il Dott. Marco Marchetti, sempre inviato dalla Procura, che sta effettuando valutazioni di altro tipo in quanto esponente dell’Istituto Nazionale di Geofisica. A questi si sono aggiunti gli ispettori dell’A.R.P.A. Campania che stanno effettuando i prelievi del terreno per le analisi del caso. Restiamo in attesa di conoscere gli esiti delle indagini da parte della Procura, per sapere in che modo procedere e se si prenderà in considerazione una eventuale bonifica del sito o una soluzione di altro genere.
anna maria pedicini