Antonio Cocchi, il primo massone italiano
Notoriamente Benevento è la città delle streghe, un luogo che, stando ad alcune antiche e consolidate leggende, sarebbe circondato da un’aura di mistero, un quartier generale di spiriti, janare, licantropi, maghi, fattucchiere e … massoni!
Probabilmente i più non sanno, che il capoluogo del Sannio ha dato i natali al primo massone italiano, Antonio Cocchi.
Antonio Cocchi nacque a Benevento il 3 agosto 1695.
Il padre, di nome Giacinto, era un medico originario del Mugello, in Toscana; la madre si chiamava Beatrice Bianco, ed era nata a Baselice. I due coniugi si erano trasferiti nel Sannio per motivi di lavoro, infatti il dottor Giacinto amministrava ivi gli interessi della nobile famiglia fiorentina Rinuccini.
Dopo un po’ di tempo essi tornarono in Toscana, nel paese di Borgo San Lorenzo, e Antonio iniziò il suo iter di studi a Pisa, per poi continuare a Firenze presso i Padri Scolopi, ed infine si laureò in Medicina presso l’ateneo pisano. Molto probabilmente il periodo fiorentino fu determinante per la sua formazione successiva: gli Scolopi avevano una religiosità diversa rispetto a quella imperante di indirizzo dogmatico dei Gesuiti, infatti essi mostravano grande curiosità ed apertura culturale verso lo scientismo che caratterizzò il periodo a cavallo tra il ‘600 e il ‘700.
Dopo la laurea, Antonio Cocchi si affermò come grande medico e scienziato.
Era un seguace dello sperimentalismo di Francesco Redi, compì studi sui rapporti tra anatomia e chirurgia, sulle acque termali di San Giuliano, e si distinse anche come naturalista, riportando in vita la Società Botanica di Firenze insieme al collega Pier Antonio Micheli.
Il 12 marzo 1736 fu, con altri illustri accademici fiorentini del tempo, tra coloro che trasportarono le spoglie mortali dell’insigne scienziato Galileo Galilei nella nuova tomba per lui allestita nella Chiesa di S. Croce.
Esercitò la sua professione di medico girovagando sia in Italia che in Europa.
Dopo un periodo passato nell’isola d’Elba, soggiornò in Francia, poi in Olanda e successivamente in Inghilterra, dove ebbe l’opportunità di conoscere il grande scienziato Isaac Newton, il quale lo invitò perfino a partecipare ad una seduta della Royal Society, l’Accademia Nazionale Inglese delle Scienze, ma tra i due insorsero dei contrasti di tipo intellettuale e scientifico; Cocchi non nutriva grande stima per Newton e soprattutto riteneva che la cultura fiorentina fosse superiore a quella britannica.
Intanto si dedicava alla storia della medicina, traducendo trattati scientifici greci e latini, scrisse saggi sulle opere di Voltaire e di John Milton, una biografia dello scultore manierista Benvenuto Cellini, e altre opere minori. Per la sua vasta cultura, fu ammesso all’Accademia della Crusca.
Troppo scientismo sfocia sempre nell’interesse per il magico e l’occulto, e così il 4 agosto del 1732 fu il primo italiano ad essere iniziato alla società segreta della Massoneria, presso la loggia detta “degli Inglesi”, a Firenze nel palazzo di famiglia Cocchi-Serristori, dove soggiornavano alcuni esponenti della ricca borghesia britannica, che curavano i propri interessi in Toscana, soprattutto nel porto franco di Livorno.
L’adesione di Cocchi, tra l’altro testimoniata nel suo manoscritto “Effemeridi”, fu dettata da motivi culturali, piuttosto che politici.
Egli era un materialista, disprezzava il dogmatismo religioso e rivendicava la libera indagine scientifica; nella sua biblioteca non collezionava testi di letteratura cristiana, segno di profonda ostilità verso il cattolicesimo.
Questi atteggiamenti libertini non sfuggirono al Tribunale dell’Inquisizione, che più volte lo interrogò, insieme al poeta Tommaso Crudeli, suo amico e anch’egli massone, il quale fu anche incarcerato.
La sua vita privata fu abbastanza travagliata. Nel 1728 sposò Gaetana Debi, la quale morì soltanto cinque anni dopo, senza che dalla loro unione fossero nati dei figli. I familiari della moglie lo ritennero responsabile della sua morte, causata da maltrattamenti e cure sbagliate. Poco dopo, egli si risposò con Teresa Piombanti, appartenente ad una importante famiglia della burocrazia fiorentina; dal loro matrimonio nacquero due bambini, Raimondo e Beatrice.
Morì in povertà a 63 anni il 1° gennaio 1758 a Firenze, dove venne sepolto nel Pantheon della Chiesa di S. Croce.
A Benevento è stata dedicata ad Antonio Cocchi una minuscola stradina secondaria che collega Corso Garibaldi con Piazza Roma.
Francesco Pio Meola