Un luminare della psichiatria: Leonardo Bianchi
La provincia di Benevento può vantare di aver dato i natali ad uno dei più grandi psichiatri italiani: Leonardo Bianchi.
Egli nacque a San Bartolomeo in Galdo il 5 aprile 1848, da Vincenzo, un farmacista, e da Alessia Longo. Frequentò gli studi classici a Benevento (verso i quali conservò un grande interesse per tutta la vita), successivamente si iscrisse alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “Federico II” di Napoli, dove si laureò nel gennaio del 1871.
Subito dopo la laurea, grazie alla sua ottima preparazione, ottenne molti e prestigiosi incarichi presso vari ospedali, case di cura e istituti di ricerca. A 31 anni divenne docente all’Università di Cagliari, e nel 1882 assistente del dottor Giuseppe Buonomo, esperto in psichiatria; questa esperienza fu decisiva per la sua carriera di medico, in quanto lo portò ad approfondire il complesso universo delle malattie mentali.
Nel 1883 Bianchi fondò la rivista scientifica “La Psichiatria”, alla cui direzione pose il suo maestro Buonomo; dopo la morte di quest’ultimo, ne prese lui stesso il posto. Tra il 1888 e il 1890 ottenne incarichi di docenza presso le università di Palermo e Napoli.
Il suo importante curriculum gli spianò la strada verso la direzione del manicomio San Francesco di Sales della città partenopea. Appena entrato in carica, sottopose l’istituto ad una incisiva riforma. In primis, egli introdusse la rieducazione del personale sanitario, che consistette in una maggiore responsabilità da parte dei medici nel loro rapporto con i pazienti, e l’abolizione della camicia di forza, da lui considerato uno strumento di tortura disumano.
Contemporaneamente, compì una serie di importanti studi sul cervello, sulle malattie mentali ed altre disfunzioni, ma soprattutto sui lobi frontali, ritenuti sede dell’aggregazione di tutti gli stimoli sensoriali e motori. Leonardo Bianchi fu il primo italiano ad avere l’onore di scrivere un articolo sulla grande rivista medica di Neurologia “Brain”, dove espose appunto la sua teoria sui lobi frontali.
Ateo e miscredente, nel 1889 fu iniziato alla Massoneria presso la loggia “Losanna” di Napoli.
Appassionato e interessato alla politica, si candidò e fu eletto in Parlamento nel 1892, nelle fila del gruppo radical-democratico; fu un fiero avversario del primo ministro Francesco Crispi, autentico dominus dell’Italia del tempo. Eletto per la seconda volta nel 1897, non senza aver assaporato una forte delusione per una precedente sconfitta, al centro della sua agenda politica pose sempre problematiche di ordine sociale. In Parlamento si batté contro la prostituzione minorile e per la diffusione della cultura tra le masse popolari.
Dal 28 marzo al 24 dicembre 1905 fu nominato ministro della Pubblica Istruzione nel governo di Alessandro Fortis, uomo della Sinistra Storica. In quei pochi mesi riuscì comunque a lasciare un’impronta: istituì la cattedra di Psicologia Sperimentale in tutte le facoltà di Filosofia, quella di Malattie del Lavoro a Milano e di Antropologia Criminale a Torino; inoltre, intraprese una guerra personale contro l’analfabetismo.
Si fece promotore della costruzione di linee ferroviarie che collegassero Napoli con il Molise e la Puglia attraverso l’Appennino Sannita. Fu instancabile assertore, insieme al governo di cui faceva parte, di una lotta durissima all’alcolismo, alla sifilide e alla malaria; in particolare, egli riuscì nel suo intento di limitare gli effetti di quest’ultima per mezzo dell’avvio di alcune bonifiche.
Con l’avvento della Prima Guerra mondiale nel 1914, Bianchi si schierò a favore dell’entrata dell’Italia nel conflitto al fianco dell’Intesa. Nel 1916 fu chiamato dall’allora presidente del Consiglio Paolo Boselli, uomo legato alla Destra Storica, a ricoprire la carica di ministro senza portafoglio addetto a compiti essenzialmente tecnici, quali la previdenza sociale e l’assistenza sanitaria e psicologica per i soldati.
Finito il conflitto, nel 1918 Giovanni Giolitti propose la sua nomina a Senatore del Regno, che fu favorevolmente accolta da re Vittorio Emanuele III, e nel 1919 entrò a far parte della Commissione del dopoguerra, dove si occupò della prevenzione dei disturbi psichici.
Con l’ascesa al potere del fascismo nel 1922, Bianchi prese le distanze dal nuovo regime. Tra l’altro, nel 1925 fu proposto come candidato vincitore del Premio Nobel per la Medicina, ma il capo del governo Benito Mussolini si oppose alla sua designazione.
Morì all’età di 79 anni il 13 febbraio 1927 a Napoli colto da un infarto mentre teneva un convegno all’Università; venne soccorso dai colleghi Pietro Castellino e Giuseppe Moscati, il grande medico beneventano poi proclamato santo dalla Chiesa cattolica, che gli fu vicino in quei drammatici momenti e che lo convinse a convertirsi alla fede cristiana in punto di morte.
La città di Benevento ha dedicato a Leonardo Bianchi un monumento eretto in occasione del centenario della sua nascita in via Tonina Ferrelli, nelle immediate vicinanze del Viale Atlantici, ed anche una strada nel Rione Ferrovia.
Francesco Pio Meola