La donna del Sannio che racconta le donne
La donna del Sannio che racconta le donne: a colloquio con la scrittrice Mariagrazia De Castro
Com’è noto ai nostri lettori, la redazione di Sannio Report si occupa delle cose brutte ma anche delle cose belle della nostra città e soprattutto delle persone che le danno lustro, che si distinguono nel loro settore e campo d’interesse e il cui impegno, varcando i confini locali, merita il giusto riconoscimento perché porta alto il nome della nostra Benevento.
Una di queste è Mariagrazia De Castro, nostra lettrice, che in questa veste conosciamo come scrittrice di numerosi saggi, monografie, articoli su riviste nazionali e internazionali di settore e racconti.
Docente a contratto di discipline ambientali presso l’Università degli Studi del Molise, Mariagrazia è beneventana DOC. Qui è nata nel 1975 e qui vive con la sua famiglia.
Si occupa di economia ambientale e scrive saggi sui temi della sostenibilità (ha scritto di trasporti sostenibili, di paesaggio, di donne rurali e persino di economia domestica a impatto zero) ma qui vogliamo conoscerla nella veste di narratrice.
Dopo la prematura scomparsa della madre – come ella stessa ci ha raccontato – ha dovuto rifugiarsi nella scrittura, “per dare una nuova forma al dolore e lasciare che in questa nuova veste uscisse”: è da qui che è iniziata la produzione di racconti brevi, intimi e intimistici, evocativi e profondi in cui la protagonista è spesso l’amata madre ma in generale l’universo femminile del quale mette in evidenza pregi ma, senza sconti, anche difetti.
Con questi racconti – oggi pubblicati in antologie – ha anche vinto diversi premi letterari tra cui la I edizione del Premio Letterario “Versi sotto gli irmici”, la I edizione del Concorso internazionale per racconti brevi “La Valle delle Storie” e la I edizione del Premio letterario “L’avventura di essere donna”.
Qualche mese fa è uscito il suo romanzo Donne Maledette per i tipi di Milena Edizioni. Due sorelle, Charlotte e Silvye, sono protagoniste di un mondo tutto femminile, a cui fa da sfondo la Parigi a cavallo tra le due guerre mondiali e in cui fanno da comparsa donne realmente esistite come l’esploratrice Maria Henrietta Kingsley o la pittrice Suzanne Valadon.
La ricerca della verità per la sorella narratrice è un bisogno interiore che non conosce appagamento e che non si arresta neppure di fronte all’ipocrisia sociale e borghese che la circonda, quella rassicurante, quella che è comodo rifugio.
Un racconto che mescola sentimenti e impegno culturale (autorevoli sono le citazioni di autori e autrici del Novecento come Albert Camus, Virginia Woolf, Irène Nemirovsky) in cui quello che apparentemente sembra un sentimento di astio espresso in termini di polemica sociale, in realtà si trasforma in un’analisi dell’adolescenza (della sorella minore) e dell’educazione sentimentale delle donne.
La borghesia che va in pezzi – descritta con puntuali e taglienti tratti quasi grotteschi – è solo il pretesto per affrontare quei sentimenti che abbiamo imparato a controllare e dai quali abbiamo imparato a difenderci ma che, soprattutto la sorella maggiore Charlotte, vive con saggezza…quella saggezza che implica anche il prendersi la responsabilità di ciò che si sente. È proprio Charlotte che apre le porte segrete dell’esistenza ma al tempo stesso scopre di aver fallito nel progetto sentimentale più importante della sua vita. Ne ha consapevolezza e questo è dolorosissimo e l’allontana dalle sue aspirazioni e dai suoi sogni.
E tuttavia il racconto lascia aperta la possibilità di modificare il doloroso sentimentale vissuto e spetterà al lettore scegliere se quella che Charlotte vive sarà l’unica realtà – autolesionista e improntata alla sottomissione – o se invece la sua sofferenza compare al momento del bisogno…del bisogno del cambiamento.